di Antonio Zuliani

Didascalia

Gli incidenti stradali non tendono a diminuire nonostante le campagne informative che sempre più spesso vengono promosse. Uno dei motivi relativi alla difficoltà di modificare questo trend dipende dal fatto che le abilità alla guida, dopo il difficile apprendimento iniziale, diventano una routine alla quale ci si affida in tutte le circostanze: si ripetono degli schemi di valutazione e comportamento che diventano così “abitudini”. Che queste abilità diventino una routine è certamente normale, anzi indispensabile; se così non fosse il guidare rimarrebbe un’impresa così ardua da non poter essere utilizzata quotidianamente per i necessari spostamenti: richiederebbe troppo impegno mentale!
Il problema è che questa, come ogni altra routine, per essere veramente efficace richiede la consapevolezza che non può essere utilizzata sempre e comunque, in tutte le condizioni.
Da questo punto di vista riteniamo sia molto utile lavorare sulla consapevolezza di come le routine, così necessarie in numerose circostanze, possano trasformarsi in una fonte di rischio.
In questa direzione appare utile fornire alle persone alcune conoscenze relative ai limiti del funzionamento del cervello al fine di accrescere la consapevolezza della necessità di non affidarsi a quello che si sa, ma di essere capaci di leggere i segnali che provengono dall’ambiente, di interpretarli e di renderli uno stimolo per attivare azioni utili a fare fronte a quanto accade ed è “nuovo”. Da questo punto di vista appare utile far vedere come alcune delle abilità che pensiamo di possedere sono del tutto illusorie. La prima riguarda il mito di essere multitasking: ciò di riuscire a gestire contemporaneamente più dati (guidare, parlare al telefono, sbirciare il cellulare, ecc.). Non si tratta solamente di un richiamo al rispetto del codice della strada, ma di sperimentare la pericolosità di miti come quello appena descritto. Ad esempio, come abbiamo già scritto, parlare al telefono non è pericoloso solo perché una mano è occupata a tenere il telefono piuttosto che a essere sul volante, ma perché la telefonata in sé assorbe l’attenzione del guidatore. In sintesi, riteniamo che un’attività adatta a migliorare i comportamenti alla guida non possa prescindere, almeno per chi guida per professione, dal lavorare proprio su questi aspetti cognitivi che determinano la rigidità delle routine di guida. Se guidare è una routine occorre esserne consapevoli e trovare le strategie più efficaci per non farla diventare pericolosa.
Ecco allora che una campagna di sensibilizzazione sul tema della guida non dovrebbe limitarsi a richiamare la necessità di una maggiore attenzione e al rispetto delle regole della strada. Seguendo solamente questa strategia si rischia di non ottenere la necessaria attenzione nei destinatari, tutti sostanzialmente convinti di essere degli attenti e bravi guidatori.

Pubblicato 12/10/2018